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La normalità


  Marica   |     01/02/2018

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Per tutta la vita ci è stato insegnato a fare ciò che per la società è ritenuto "normale". Mi sono sempre chiesta però da dove scaturisse questa raccolta di regole per la vita, a mo' di "istruzioni per l'uso". E soprattutto perché non potesse essere altrettanto bello uscire da quegli schemi ed essere “ diverso". Penso di avere avuto da sempre questo senso di ribellione nei confronti dell’anonimità della massa, che mi ha spinto ad andare contro corrente un po’ in tutto:  dal modo di vestire, al modo di divertirmi e soprattutto al modo di pensare.
La voglia di cercare delle risposte ai miei tanti dubbi è diventata così impellente che non ho potuto fare a meno di andare là fuori a cercarle, ma a patto che fossero le mie risposte, collaudate sulla mia pelle. E ho imparato che la “normalità” è un concetto molto relativo, che si lega in modo imprescindibile alla cultura del popolo in cui cresciamo.

Ci sono luoghi, infatti, in cui è normale andare a scuola da soli a 4-5 anni, camminando lungo il ciglio di una strada per ore, o guidare uno scooter a 6 anni per accompagnare i fratellini più piccoli. Ci sono luoghi in cui è normale dormire per terra, con tutta la famiglia molto allargata sotto lo stesso tetto costruito a mano con canne di bambù. Ce ne sono altri in cui le donne vengono rapite durante la notte dal proprio fidanzato, la cui famiglia, il giorno successivo, si reca presso la famiglia della ragazza per accordare un prezzo da pagare per poterla sposare. Ci sono invece luoghi in cui è normale che una ragazza viaggi da sola, senza essere guardata come “fuori di testa” o “poco di buono”. È normale anche dormire su di un materasso riposto in una macchina e viaggiare per migliaia di chilometri senza una meta prestabilita. Ci sono luoghi in cui studiare è un vero lusso, mentre altri in cui è normale restare anni ed anni in università a spese dei propri genitori. Ci sono luoghi in cui la normalità è dover cercare un posto di lavoro fisso per poter poi mettere su famiglia ed essere una buona mamma. Ce ne sono altri invece in cui si lavora per vivere e non viceversa, dove il lavoro è visto come un mezzo e non come un fine, e la famiglia come un dono inaspettato e non solo come il culmine di una relazione abitudinaria. Ci sono ancora luoghi dove i bambini sono lasciati liberi di essere tali e giocare per strada, rotolarsi nel fango e arrampicarsi sugli alberi. Ce ne sono altri dove i bambini sanno utilizzare un i-Pad meglio di un adulto e probabilmente non sanno cosa sia un pallone. Ci sono luoghi in cui è normale che siano i genitori a scegliere il marito o la moglie per i propri figli, mentre ce ne sono altri in cui si passa una vita a cercare l'anima gemella e non di rado si finisce per restare soli, o altri ancora in cui ci si accontenta di chiunque pur di non esserlo. Ci sono luoghi in cui è normale non fare nulla tutto il giorno ed essere felici così. Ce ne sono altri in cui la gente si affanna per cercare di tenersi impegnato in tutti i modi e migliorarsi continuamente, eppure non riesce ad essere pienamente felice. Ci sono luoghi in cui la felicità è percepita come un sopravvivere in modo dignitoso, altri in cui si ha bisogno di sentirsi liberi per essere davvero felici.

Potrei andare avanti così per ore, riportando in vita ciò che i miei occhi hanno avuto la fortuna di osservare durante i miei lunghi viaggi. Non ho dato ancora una risposta a tutte le mie infinite domande, ma di sicuro ho capito che non solo si può essere diversi, ma che è proprio la diversità ad essere la normalità nel genere umano. E dunque ciò che porterebbe questo mondo ad essere un pochino migliore sarebbe il rispetto reciproco, senza giudicare dalla prima pagina perché c'è sempre una storia dietro ogni persona e c'è sempre una ragione dietro ogni decisione.

 

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